Il sistema produttivo Veneto post Covid-19: intervista a Paolo Scaroni
Di Giangiacomo Indri Raselli- Ordine di Padova
Interpretando l’interesse dei Colleghi che leggono il Commercialista Veneto in ordine alla possibile evoluzione della situazione economica Triveneta abbiamo provato a immaginare che cosa possa riservarci questo 2021 che segue un 2020 che per l’economia locale e mondiale è stato un anno segnato dalla più grande crisi sanitaria ed economica per lo meno dal secondo dopoguerra ad oggi. Il tessuto economico e produttivo del Triveneto è stato messo in grossa difficoltà dalla situazione sanitaria e dalle misure prese per contrastare il virus del Covid-19 ancorché già dalla fine del 2020 con l’affacciarsi sul mercato di alcuni vaccini efficaci si sia iniziato a vedere un timido spiraglio di soluzione a questa crisi, ricordando che i vaccini sin dall’inizio sono stati indicati da tutte le autorità come la sola arma veramente esiziale per il ritorno ad una situazione di normalità sociale, economica e produttiva.
Questi interrogativi sono stati pertanto la molla giusta per chiedere un pronostico su questo 2021 a Paolo Scaroni, manager internazionale per professione, Vicentino per radici familiari e con l’esperienza di chi tra shock petroliferi del 1973, crisi internazionali, attacchi valutari alla moneta organizzati da speculatori finanziari pericolosamente simili al numero uno della Spectre descritto da Ian Fleming in 007, ha tutta l’aria di essere uno che di crisi se intende. Abbiamo quindi raggiunto il dottor Paolo Scaroni ed abbiamo provato a guardare a questo 2021 con la visione prospettica di un manager abituato a osservare con lo stesso occhio acuto e interessato tutti i segnali dell’economia, dall’indice di borsa al mercato del mattone, dal prezzo alla pompa della benzina alla fusione tra due colossi dell’auto.
Il sistema economico del Nord Est è stato colpito, come tutti, dalla pandemia del Covd-19, ma sembra aver sofferto meno i contraccolpi rispetto ad altre realtà economiche. Al di là di una sanità, che ha sicuramente fatto un gran lavoro, dove possiamo vedere i segnali di questa miglior reazione alla crisi?
Sicuramente la sanità ha avuto un ruolo importante nel mitigare gli effetti sulla salute della popolazione della pandemia di Covid-19 e spesso non ci rendiamo conto delle eccellenze della sanità che sono presenti nel Nord Est fino a che non si manifestano, per l’appunto, eventi come questi. Da un punto vista economico credo che si sia reagito meglio alla crisi economica per un mix di fattori: la presenza di filiere produttive e distretti economici molto diversi tra loro (agroalimentare e moda, turismo e manifatturiero ad esempio) ha fatto in modo che se pur alcuni settori, penso al turismo, abbiano risentito molto della crisi, nel complesso l’intero sistema economico abbia beneficiato anche di altri settori che la crisi ha colpito solo in parte o che addirittura hanno avuto exploit economici di rilievo, penso ai produttori di fiale di vetro che hanno visto schizzare ricavi e fatturato. Molte realtà economiche anche di dimensioni medio piccole hanno reagito alla crisi del mercato rifocalizzandosi su altri mercati o su altri prodotti cosi da assorbire in parte il calo delle vendite. Infine il Nord Est è sempre stato tradizionalmente un po’ ostile al sovra indebitamento e questo in periodi di crisi non guasta di certo.
In che modo un tessuto economico come quello Triveneto può immaginarsi di reagire a questa crisi che ha colpito tanto il mercato interno quanto il mercato delle esportazioni?
Anche qui è difficile immaginare una ricetta magica. Durante tutte le crisi chi sopravvive è il player che reagisce per primo alla crisi e che si adatta più velocemente, come direbbe Darwin. Pensiamo alle crisi precedenti: non tutti gli operatori economici sono stati spazzati via dai vari terremoti che nel corso degli ultimi cinquanta o cento anni hanno colpito i trasporti, le telecomunicazioni, i media, le materie prime e cosi via. La rivoluzione degli smartphone ad esempio ha spazzato via un gigante come Nokia che aveva una fetta di mercato enorme mentre la sua concorrente Samsung è riuscita a fronteggiare il cambiamento epocale tra telefonino e smartphone ed è tuttora un player di rilievo. Difendere posizioni di vantaggio del passato è come chiudere il recinto dopo che sono scappati i buoi. Bisogna prendere atto della radicale trasformazione del mercato ed adattarsi velocemente. Avere nel DNA il gene della innovazione continua, della ricerca costante della efficienza e del fare bene nel proprio business è fondamentale. Ricordiamoci inoltre che la crisi colpisce noi ma anche i nostri concorrenti, mettendo fuori mercato i meno efficienti e lasciando a chi resta fette più ampie di mercato su cui poter competere. E’ come quel fuoco del sottobosco che, facendo pulizia dei rami secchi, fa bene alla foresta.
Se si dovesse immaginare di vestire per un attimo i nostri panni ossia quelli di counsellor per l’imprenditore tipo del Nord Est, che “ricetta” si sentirebbe di suggerire per uscire dalle sacche di questa crisi (internazionalizzazione, digitalizzazione, managerializzazione?)
L’idea di un professionista di stampo economico a tutto tondo, che fa da consigliere ad un imprenditore e che lo aiuta nel processo di crescita e di cambiamento della sua azienda, sia essa la piccola officina a gestione familiare o la multinazionale tascabile dentro la quale si parlano 10 lingue mi piace molto.
Mi piacerebbe molto accompagnare gli imprenditori del Nord Est a liberarsi di molti di quei tradizionali nemici della crescita che pure sembrano affliggere le nostre aziende da sempre: la dimensione generalmente troppo piccola per competere in mercati mondiali, la generale ostilità con cui sono viste joint ventures, alleanze e acquisizioni, in cui l’imprenditore deve rinunciare al controllo assoluto sulla propria creatura brattando questa rinuncia con la possibilità di competere ad un livello assai più elevato. Aggiungerei l’allergia all’inserimento di figure manageriali all’interno delle aziende, che poi sono la vera ossatura dei players di successo ed infine anche quella fiducia a volte mal riposta degli imprenditori verso il proprio istinto che gli fa capire in un attimo in quali business vi sia un guadagno, mentre sarebbe molto più funzionale un sistema informativo che consenta una analisi dei business ed una contabilità analitica nella quale, va detto, i nostri competitors tedeschi, francesi ed anglosassoni per non dire nordamericani hanno veramente una marcia in più.
Sulla internazionalizzazione farei questa considerazione. Di sicuro il sistema produttivo del Nord Est non ha certo bisogno di farsi spiegare cosa sia aprire una branch in Germania, o in Polonia o in Cina. Basta fare un giro a Tessera per vedere imprenditori con la valigia che vanno a Dubai o a Mosca con la stessa naturalezza con cui vanno a Jesolo o a Cortina. Pensare tuttavia al proprio business come a qualcosa che debba e possa funzionare in tutto il mondo, un po’ come fanno gli Americani ad esempio, o i Cinesi più recentemente, questa è un’altra cosa e qui forse abbiamo margini di miglioramento. Pensare di produrre un gelato o un capo d’abbigliamento o un impianto industriale che possa essere venduto in tutto il mondo è una dote che forse ancora ci manca.
Quale ruolo avranno gli istituti di credito nel supportare il nostro tessuto economico e come questo muterà il rapporto tra Banca Impresa?
Il ruolo degli istituti di credito sarà cruciale. La sfida che si troveranno ad affrontare sarà quella di supportare quelle imprese che, pur essendo sostanzialmente sane nei fondamentali, si trovano in una momentanea crisi di liquidità e per converso di selezionare quelle imprese, magari in crisi da anni, cui la pandemia Covid-19 darà il colpo di grazia e di ridurre l’esposizione nei loro confronti. La capacità di distinguere le une dalle altre sarà assolutamente fondamentale e passerà tramite la capacità delle aziende di predisporre business plans, analisi di business, piani industriali e di contabilità analitica che siano d’aiuto tanto all’imprenditore quanto agli istituti di credito. Difficile immaginare che le capacità per predisporre queste analisi non provengano da professionisti di area economica.
Altrettanto certo è che questo porterà ad una modifica del rapporto Banca Impresa nella misura in cui la banca diventerà sempre più un partner strategico delle aziende, coinvolta in modo sempre maggiore anche nei processi decisionali e con un rapporto molto più stretto con la direzione aziendale. Anche in questo caso il ruolo di interlocutore che funga da interprete tra Banca e Impresa potrebbe calzare a pennello a un Dottore Commercialista ed Esperto Contabile.
In questi mesi si è sentito un gran parlare di manovre di sostegno dello Stato agli imprenditori in crisi, ma anche di impulsi all’innovazione e alla ricerca. Come valuta nel complesso queste manovre volte a fronteggiare o per lo meno a mitigare gli effetti della crisi pandemica?
Il tema delle agevolazioni a sostegno della crisi così come quello delle agevolazioni fiscali è un tema complesso. Di sicuro misure a protezione di fasce della popolazione che perde il lavoro ed il proprio reddito sono opportune, ma lo sono a due condizioni. Una è che non diventino misure permanenti che scoraggino le persone a trovare un nuovo impiego o un nuovo lavoro. La seconda è che non vadano a scapito delle misure a sostegno degli investimenti e della ricerca, che sono i veri motori della ripresa economica.
A mio parere andrebbero inoltre semplificate come numero (non ha senso averne migliaia) e come accessibilità, senza contare che disperderle in miriade di piccole o piccolissime agevolazioni fa perdere a quelle veramente importanti il loro “volume di fuoco”.
L’ultima domanda di rito: quale potrebbe essere il ruolo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili nel supportare e agevolare, un po’ come hanno già fatto in altre epoche recenti, il mondo imprenditoriale a una crescita e a uno sviluppo che ci consenta di lasciarci questo difficile momento alle spalle?
Le libere professioni, specialmente quella dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, sono assolutamente cruciali per lo sviluppo dell’economia di una Nazione. La libera professione di stampo economico inoltre funge da tessuto connettivo tra il mondo dell’impresa e gli istituti di credito, gli stake holders, l’amministrazione finanziaria ed è rarissimo, quasi impossibile, che dietro una azienda di successo grande o piccola che sia, non vi sia l’opera di professionisti capaci e qualificati.
Mio padre Bruno Scaroni, che ha fondato e guidato l’Associazione degli Industriali di Vicenza negli anni cruciali del dopoguerra e del Boom economico e che di queste cose se ne intendeva bene, diceva sempre che in provincia di Vicenza c’era una azienda ogni 7 abitanti, donne e bambini compresi. In questa semplice considerazione, cioè in quella voglia innata di ogni operaio e di ogni lavoratore di mettersi in proprio e di intraprendere una propria attività c’è, a mio parere, la sola e unica soluzione per uscire da questo periodo difficile ma non impossibile. Se professionisti come voi sapranno prendere per mano quell’imprenditore agli esordi e consigliarlo al meglio e supportarlo nelle sue scelte, anche questa crisi, come quelle che l’hanno preceduta, sarà solo un ricordo del passato.
Con quest’ultima domanda ci accomiatiamo da Paolo Scaroni restituendolo ai suoi mille impegni e ringraziandolo per il tempo che ci ha concesso, rinfrancati dalla sua visione della situazione economica che, sia pur tra mille difficoltà, ci vedrà comunque coinvolti e protagonisti, a fianco di aziende ed imprenditori.
Da IL COMMERCIALISTA VENETO – NUMERO 258 / 2021 – pp. 3-4